sabato 23 agosto 2025

Not all men? Ma 32.000.



La chiusura del gruppo Facebook "Mia Moglie", denunciato da Carolina Capria, ha fatto emergere ancora una volta la realtà della violenza patriarcale che si consuma nello spazio digitale: trentaduemila uomini hanno condiviso immagini e video di mogli, compagne, sorelle, figlie e conoscenti senza alcun consenso, accompagnandoli con commenti violenti e sessisti.


Questo gruppo non è un'eccezione. Nel 2020, secondo l'associazione Permesso Negato, oltre due milioni di italiani hanno partecipato a ventinove chat Telegram in cui circolava materiale intimo non consensuale di amiche, fidanzate e perfino figlie. Ancora, pochi giorni fa una ragazza è stata aggredita in diretta TikTok da un gruppo di ragazzi che la minacciavano di stupro e morte inneggiando a Filippo Turetta, l'assassino di Giulia Cecchettin. In tutti questi casi emerge lo stesso meccanismo: il consenso non esiste perché non è culturalmente previsto, ciò che è previsto è la ricompensa sociale per il predatore.


Queste community non sono luoghi di piacere individuale ma spazi omosociali maschili, in cui la violenza sui corpi femminili diventa strumento di riconoscimento tra uomini. Gli uomini mostrano "le proprie" donne come trofei, competono tra pari e rafforzano la propria mascolinità performando un'eterosessualità predatoria. Non è alle donne che si rivolgono, ma agli altri uomini: la donna è ridotta ad oggetto e/o merce di scambio. Più intima è la foto condivisa, più violento il commento, maggiore è il prestigio sociale guadagnato all'interno del gruppo. È un meccanismo antico, che risale al Neolitico e che si è riprodotto nei secoli sotto forme diverse, dalla caccia alle streghe al monachesimo forzato. Oggi avviene in diretta, attraverso le piattaforme digitali che non sono la causa del problema, ma il terreno fertile su cui il patriarcato continua a prosperare.


Non possiamo più limitarci a indignarci. Servono azioni concrete e immediate. Attraverso, anche, un impegno politico e sociale ampio: denunciare i responsabili alla Polizia Postale, segnalare questi contenuti alle piattaforme, spingere le big tech ad assumersi le proprie responsabilità, rompere l'omertà che protegge i maschi complici, avvisare le famiglie dei partecipanti quando possibile, coinvolgere le scuole, costruire percorsi educativi sul consenso e sulla parità di genere.

La denuncia pubblica della co-portavoce di Europa Verde Fiorella Zabatta, che ha annunciato l'intenzione di rivolgersi alla Procura, dimostra che la politica può e deve assumersi un ruolo concreto e trasversale.

La violenza digitale è violenza reale. Ogni commento che la legittima è un atto di complicità, ogni silenzio è una resa al sistema patriarcale.


Caterina Muraca

Responsabile questioni di genere PRC - SE Calabria


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